Nel 1993 la Ponente s.r.l iniziò a scavare in zona Largo Preneste a Roma. L’obiettivo era costruire un parcheggio, ma ciò che ottennero fu un lago. Le ruspe urtarono le falde acquifere nel sottosuolo e l’acqua cominciò a sgorgare, dando vita all’odierno Lago Bullicante. Il primo tentativo di far defluire l’acqua nelle fognature fallì miseramente: tutta Largo Preneste si allagò. Questioni burocratiche e urbanistiche, unite a rivendicazioni di difesa dei cittadini dell’area, portarono al fermo dei lavori per trent’anni. Dall’errore umano, infatti, è nato un lago ricco di flora e fauna che ora è in pericolo. A fine 2022 la Ponente s.r.l ha ricevuto il via libera per costruire un Amazon Hub in quella stessa area.
Un mercoledì di gennaio ci ritroviamo a camminare nel Parco delle Energie adiacente al Lago Bullicante. Camminando nello sterrato contornato da un boschetto di conifere veniamo catturati da dozzine di canti d’uccelli. Ad interrompere l’avventura bucolica sono le urla dei ragazzi nel campo da basket. È qui che incontriamo Marilena che torna a casa con suo figlio: “per noi del quartiere, specialmente per bambini e ragazzi, il parco è fondamentale, così come il lago. Si crea aggregazione, c’è tranquillità, è un posto sicuro. Non vogliamo perderlo.”
Il Parco delle Energie non è collegato al Lago Bullicante per una piccola striscia di terra incolta protetta da recinzioni che dividono le rispettive aree. Eliminando tale barriera, con il benestare delle Ferrovie Italiane e del Comune di Roma, si potrebbe creare un unico grande parco naturale: è uno dei tanti progetti avanzati dal Forum Territoriale Permanente nel corso degli anni. Il comitato popolare che per anni ha difeso il lago dai progetti edilizi e di riqualificazione si riunisce ogni primo mercoledì del mese. Li incontriamo anche noi.
Un uomo sulla cinquantina, con voce pacata, si propone per organizzare delle lezioni di Tai Chi aperte a tutti; uno studente-attivista desidererebbe aggiungere il lago tra le tappe della marcia transfemminista che Non una di meno avrebbe organizzato tra poche settimane; una sceneggiatrice chiede il permesso per girare un cortometraggio nel Parco delle Energie; un ragazzo di scienze motorie ammette di essere lì per pura curiosità. Siamo tutti seduti a semicerchio davanti ad Enzo. Sarà proprio lui a prendere la parola e ad aggiornare i presenti sugli iter per la salvaguardia del Lago Bullicante. Nonostante sia difficile seguire la lunga disamina di pratiche e normative e procedure legali-giuridiche, appare subito evidente che l’intera faccenda ruoti attorno a questioni prettamente politiche ed economiche. Salvaguardare uno spazio verde che si è autogenerato ed è diventato sede di processi naturali unici, abitato da una ricca e variegata fauna, non sembra rientrare nell’agenda politica di nessuno.
L’area comprendente il Parco e il Lago si estende per 14 ettari. Lo specchio d’acqua è sorto su di una zona industriale che ospitò l’opificio della CISA Viscosa. La fabbrica aprì i battenti nel 1924 e si trasformò in breve tempo in un polo fondamentale per tutto il quartiere. Essa, infatti, favorì il processo di urbanizzazione che esplose in quegli anni, ma soprattutto divenne una destinazione centrale per circa tremila operai che al suo interno trovarono occupazione. Anche la scelta del territorio non fu casuale. Il materiale della viscosa è ricco di cellulosa, estraibile dalla grande abbondanza d’acqua presente nelle zone limitrofe. Nel corso del tempo però, quel lembo di terra ha cambiato proprietà numerose volte: intorno al 1969 i terreni vennero unificati nei possedimenti della SNIA Viscosa; la proprietà cambiò ulteriormente nel 1982 e nel 1990, finendo in mano alla Società Pinciana 188 s.r.l. la quale ottenne il permesso dal Comune di Roma di costruire un edificio dedicato ad attività produttive. Pochi mesi dopo, in quello stesso anno, la Ponente s.r.l di proprietà del costruttore Antonio Pulcini rilevò la Società Pinciana e di conseguenza anche l’area della fabbrica Viscosa.
La fuoriuscita dell’acqua ha trasformato ciò che era un semplice lembo di terra incolto in un ecosistema naturale complesso, situato in una zona di Roma fortemente cementificata. Proteggere l’area sembrerebbe scontato. È ciò che sono riusciti a fare i cittadini di Bruxelles e i comitati di quartiere: il lago Marais Weils, nato anch’esso da degli scavi che ruppero una falda acquifera, costituisce un chiaro esempio divergente della concezione politica riguardo la salvaguardia del verde. Nel caso del lago belga, gemellato con il Lago Bullicante, si è favorito l’inselvatichimento anziché la speculazione edilizia.
L’acqua ha reso la terra intorno al Lago Bullicante fertile e ha permesso la formazione di tre fasce di vegetazione, ci spiega il naturalista Giuliano Fanelli. “Una fascia di canneti è rifugio per il Germano Reale; il bosco ripariale, formato da robinia, salici e pioppi nati dall’azione del vento e dalle migrazioni degli uccelli, filtrano l’inquinamento. La terra di riporto mossa dagli scavi, invece, ha già predisposto il terreno all’attecchirsi di un bosco naturale. Tutto ciò è formidabile se si considera che l’area dell’Ex Snia è un territorio isolato”. Corrado Battisti, ornitologo, ha dimostrato attraverso i suoi studi che la vegetazione del lago ha favorito la presenza di uccelli rari in città. “Normalmente ci sono rondini, civette e piccioni, ma nell’area del lago abbiamo notato la presenza di martin pescatori, di picchi rossi e verdi, ma anche di rapaci. Una situazione unica.”
Come ci espone Alessandra Valentinelli, urbanista e attivista in difesa del Lago Bullicante da oltre dieci anni, il Forum si sta muovendo in due direzioni. Il primo obiettivo è quello di ottenere il riconoscimento dell’intero perimetro del Parco e del Lago come monumento naturale. Al momento, soltanto il 60% è ritenuto tale e la questione è lontana dall’essere risolta: Nicola Zingaretti, ex presidente della Regione Lazio, non si pronunciò mai sulla questione. La seconda questione riguarda l’acquisizione dell’area da parte del demanio e ha una lunga storia alle spalle. Essendo un territorio sul quale è presente dell’acqua pubblica, proveniente da falde acquifere, l’intera area sarebbe dovuta diventare proprietà demaniale. Il demanio, come ci ha riferito Valentinelli, ha però comunicato al Forum che, non essendo un ente tecnico, non può riconoscere il tipo di acqua del lago. Il Forum Territoriale Permanente, anni dopo, è riuscito ad ottenere un tavolo interistituzionale tra demanio, regione, comune e municipio. Il risultato: la regione sarebbe divenuta l’ente tecnico incaricato di riconoscere la tipologia di acqua sgorgata; il demanio avrebbe solo dovuto formalizzarlo. “Ora aspettiamo soltanto le rilevazioni dei geometri e ci siamo. Ciò che ha bloccato il demanio, finora, è stata soprattutto la presenza del rudere sopra al lago. Il pericolo è che cada, ma con le dovute precauzioni non succederebbe” afferma Alessandra Valentinelli. E continua: “L’amministrazione non è in grado di affrontare tali questioni con interdisciplinarità. Mentre la città va avanti e i cittadini, con le loro proposte dal “basso”, propongono soluzioni efficaci per risolvere problemi ambientali e urbanistici, l’amministrazione rimane indietro.”
Abbiamo infine contattato Maurizio Veloccia, assessore all’urbanistica del Comune di Roma, per capire come la nuova amministrazione guidata dal sindaco Gualtieri intende muoversi in questa vicenda.
“La situazione è molto difficile da districare” ha esordito Veloccia. “Il problema in sé non è il lago, ma bensì le aree limitrofe ad esso poiché appartenenti a un ente privato. In tal senso dobbiamo chiederci “come facciamo a fare in modo che un’area privata, ex industriale, possa avere una funziona pubblica?” L’amministrazione comunale ha preso in considerazione due strade: “O si espropria quest’area e quindi la si compra dal privato, oppure si deve trovare un equilibrio fra gli interessi del privato e gli interessi del pubblico” ed ha proseguito: “Noi stiamo facendo una valutazione di quanto costi comprare quell’area privata; è chiaro che acquisire uno spazio che ha circa 150.000 metri cubi di potenziale edificatorio significa che alle casse dei cittadini romani costerebbe qualche milione di euro. Inoltre è un’area che va bonificata, quindi oltre a comprarla bisogna poi bonificarla; perciò, dobbiamo capire quanto costa l’intera operazione e se l’amministrazione possiede soldi necessari per portarla a termine.”
Sulla possibilità di rendere anche l’area industriale monumento naturale ha specificato come la decisione sia di competenza della Regione Lazio e che precedentemente l’ex Presidente Nicola Zingaretti non ha potuto apporre la propria firma su tale procedimento poiché non ha ricevuto il via libera dagli uffici di competenza. “Se questa terza ipotesi fosse portata avanti – ha aggiunto l’assessore – per noi sarebbe più facile esplorare le altre due poiché l’esproprio, ad esempio, sarebbe molto meno costoso. Qualora invece si volesse trovare una via di compromesso è ovvio che noi avremmo delle leve molto più ampie.”
Sul futuro della vicenda, infine, ha ipotizzato la possibilità di utilizzare alcuni degli ipotetici fondi provenienti da Expo 2030: “È evidente che se si vincesse ci sarebbero tanti soldi e forse si potrebbe anche immaginare, una volta chiaro il tema dei costi, dell’esproprio, un progetto pilota che potrebbe coinvolgere aree come quella dell’Ex-Snia. Non è nel dossier, anche perché sarebbe stato improprio inserire un’area privata al suo interno, ma laddove si dovesse vincere, perché non immaginare aree come quella sulle quali proporre progetti sperimentali.”