Metro C e il trasporto pubblico di Roma: il poco che c’è, il tanto che manca

La storia della terza metropolitana della capitale è un capitolo di un libro pieno di pagine da cancellare e, possibilmente, riscrivere da capo

Chiunque di voi sia capitato a Roma di recente, o vi abbia messo piede in questi ultimi dieci anni, avrà notato un cantiere a cielo aperto che si staglia, quasi come un monumento a sua volta, tra le più celebri eredità dell’antico impero. Si parla di un’area recintata che staziona ai piedi del Colosseo e prosegue lungo un tratto di Via dei Fori Imperiali: un ritaglio di cartolina ingombrante, oggettivamente brutto a vedersi, dominato da cumuli di terra e macchine scavatrici, cinto da barriere rivestite da pannelli espositivi che non legge mai nessuno.  

Sarei pronto a scommettere che tra le tante fotografie scattate ogni giorno al cospetto del Colosseo, tipo non so, di quelle che marciscono nella gallerie degli smartphone senza alcuna chance di finire su Instagram, ve ne siano altrettante che ritraggono un trionfo di ruspe, trapani e cose così. Beh, trattasi dei lavori in corso per la realizzazione della Metro C, la terza metropolitana di Roma, la quale mira a congiungere la città da nord-ovest a sud-est, cioè dalla zona della Farnesina, passando per il centro storico (Colosseo-Piazza Venezia), fino ad oltre il Grande Raccordo Anulare, lungo la Via Casilina.

Per il resto, dobbiamo chiarire che oggi la Metro C funziona solo in parte: il tratto Pantano-San Giovanni è stato inaugurato nel 2014, ma i pochi treni a disposizione fanno aumentare i tempi di attesa e mettono a dura prova la pazienza dei passeggeri (lo scrivente è talvolta uno di loro). Come se non bastasse, gli ascensori sono spesso fuori uso e le scale mobili funzionano quando gli pare. Ma non è un piagnucolare isterico, questo, non stiamo urlando “a Roma non funziona niente” e arrivederci. Perché qui, quando va male, può capitare che le attese sulla banchina della metro C arrivino a sfiorare i trenta minuti: un vero disastro. I più coraggiosi, o i mezzi disgraziati, possono a quel punto scegliere di prendere un autobus – il che potrebbe apparire assai sconveniente -, e mandare a quel paese Metro C senza indugiare più di tanto.

Qualche dato

A diciotto anni dall’approvazione del progetto iniziale, la metropolitana ancora non è terminata e pare bisognerà aspettare un altro po’: il completamento della tratta T2 e T1 (da Clodio a Farnesina), stando a quanto riferisce il sindaco Gualtieri, avverrà nel 2032. La fermata Colosseo dovrebbe invece concludersi nel 2025 (il condizionale è d’obbligo, lo avrete già capito).

Nel frattempo, nella legge di bilancio 2023 sono stati previsti un sacco di soldi per la realizzazione della tratta T-1 e T2 e per far fronte all’adeguamento contrattuale per i maggiori costi della tratta T-3: 2,2 miliardi di euro stanziati dal governo, da distribuire lungo il decennio 2023-2032.

Lontano dai proclami e al di là (si fa per dire) degli ostacoli burocratici, la storia della Metro C è stata, ed è tutt’ora, un vero calvario. Le principali difficoltà sono emerse in virtù delle innumerevoli varianti al progetto, ma all’appello rispondono anche indagini archeologiche lacunose, una governance non sempre all’altezza e le continue controversie tra società appaltante e costruttrice.

Ma andiamo con ordine. Uno degli elementi da tenere sempre in considerazione, quando a Roma si scava sottoterra, è che è molto facile inciampare nei resti di storia millenaria della città: il ritrovamento di reperti archeologici, a più riprese, ha condizionato il costo e le tempistiche dei lavori della metro C, evidenziato carenze importanti nelle indagini preventive all’appalto.

Veniamo ora alla parte più noiosa, cioè quella dei numeri e delle percentuali, che tuttavia ci aiutano ad inquadrare per bene la faccenda. Riguardo ai costi, in particolare, va segnalato che nel 2004 il CIPE approvò il progetto preliminare individuando, nel quadro economico generale, un costo complessivo pari a 3, 047 miliardi di euro, di cui il 70% a carico dello Stato, il 18% del Comune e il 12% della Regione. Il quadro economico vigente (Delibera CIPE 127/2012), però, ha aggiornato l’investimento a 3,740 miliardi di euro per l’intero tracciato: un aumento di 700 milioni di euro rispetto alle stime iniziali.

Non a caso, già nel 2011, la Corte dei conti parlava di «un’opera non priva di incognite sulla complessiva fattibilità, essendosi esaurite anzitempo le risorse per la sua realizzazione integrale ed essendo stato disatteso l’effettivo impegno della copertura finanziaria relativa all’intero tracciato fondamentale». 

L’aumento dei costi, sommato ai continui ritardi, non fa che rendere ancor più problematica la definitiva realizzazione dell’opera: la società di imprese costruttrici, la “Metro C S.C.p.a”, segnala sul proprio sito che, a partire dall’affidamento del progetto, sono state ordinate dal Committente ben 45 varianti in 18 anni di lavori. Vabbè.

La complicata situazione finanziaria di Roma Metropolitane, la partecipata del comune che si occupa della progettazione e della manutenzione della linea, l’ha fatta piombare in un regime di liquidazione controllata dal 2019, una procedura prevista per le società in crisi da sovraindebitamento. Già ad ottobre 2022, i sindacati avevano chiesto chiarezza sulle sorti di Roma Metropolitane, che ha rischiato di chiudere e lasciare a casa 123 lavoratori: l’amministrazione Gualtieri aveva espresso l’intenzione di ricapitalizzare la società e integrarla con la partecipata Roma Servizi per la Mobilità S.r.l., ma la strada è ancora tutta in salita. Metteteci pure che fino a due mesi fa, la situazione andava degenerando: i dipendenti non percepivano lo stipendio da tre mesi e dagli uffici venivano portate via persino le fotocopiatrici per le rate mai pagate. Poi, a maggio, dietrofront: pignoramenti bloccati, stipendi pagati, Roma Metropolitane è tornata a respirare. 

Basta con le metropolitane sotterranee

Roma ha un problema con le metropolitane, d’accordo. Resta il fatto che la città è grande, forse pure troppo, e orchestrare un piano di trasporto integrato non è cosa da poco.

Eppure metro C ha ormai fatto scuola: l’estensione della città e la conformazione del territorio rendono problematica la realizzazione delle metropolitane sotterranee, causando un dispendio ingente di quattrini e un ritardo accumulato nel processo di sviluppo e potenziamento del trasporto pubblico. Perché, allora, non far correre le metropolitane in superficie? Che idea meravigliosa: a Berlino ci sono arrivati novant’anni fa. 

A Roma, è bene che si sappia, esiste un progetto che va proprio in questa direzione: si chiama Metrovia ed è nato nel 2016 da un’idea di Paolo Arsena. Questo signore, che di mestiere fa l’architetto, propone il riuso della rete del ferro urbana e regionale, con «possibilità di realizzare 6 linee metropolitane sul tracciato urbano delle ferrovie: 2 sulle ex concesse (Roma Lido e Roma Nord, come prevede anche il PUMS urbano); 4 su binari dedicati a trasporto regionale e lunga percorrenza (esclusa l’Alta Velocità)».

Il progetto Metrovia: sul tracciato urbano delle ferrovie possono nascere 6 linee di metropolitane di superficie

Il progetto, specie durante l’amministrazione Raggi, ha però avuto non poche difficoltà nel permeare gli ambienti del Campidoglio. Dalle parti di Regione Lazio,  ça va sans dire, non è andata granchè meglio. Il punto è che Roma dispone di un parco di binari che attraversa la città in tutte le direzioni, perciò si potrebbe sfruttare quello: infatti, dice Arsena, “abbiamo corretto la nostra stima a circa sei miliardi e mezzo per la realizzazione delle metropolitane, ma deve essere chiara una cosa: non vogliamo costruire e raddoppiare i binari, ma, in gran parte, utilizzare quello che già c’è”.

Staremo a vedere. 

L’inefficienza del trasporto pubblico di Roma

La rivoluzione, in tema di trasporto integrato, tarda ad arrivare. Eppure, Roma soffre da tempo di un problema legato alla connettività delle sue aree urbane, soprattutto man mano che ci si allontana dal centro: nei quartieri che gravitano attorno al Grande Raccordo Anulare, la maggioranza della popolazione non ha un accesso diretto al trasporto pubblico su ferro, eccetto a est lungo la Casilina (metro C) e verso il litorale di Ostia (metro Roma-Lido). Molte aree periferiche continuano ad essere sprovviste di linee metropolitane e ferroviarie, con le sole linee suburbane a tentare di ridurre lo scollamento con il resto della città. Un servizio, quest’ultimo, che si dimostra in larga parte inadeguato vista la lontananza delle stazioni dai centri abitati e la bassa frequenza dei mezzi.

Non deve stupire, a questo punto, il ricorso all’automobile in mancanza di una valida alternativa: come ha sottolineato il giornalista Francesco Erbani, Roma è una città «a misura di auto privata». La cosiddetta “densità veicolare”, cioè il rapporto tra numero di automobili e superficie del territorio, è un indicatore fondamentale per misurare l’affollamento e il congestionamento delle strade: le percentuali più alte, nella città metropolitana di Roma, si registrano nei comuni che appartengono alle aree extra-Gra, non a caso le stesse che sono lontane dal disporre di un trasporto pubblico adeguato. 

Quest’ultimo, insomma, non è attualmente in grado di rispondere efficacemente alle esigenze dei propri utenti. Secondo un’indagine dell’Acos del 2021, le cause dello scontento sono da ricercarsi prevalentemente nell’affollamento delle vetture, nella sicurezza a bordo e negli orari di passaggio dei mezzi. Riguardo quest’ultimo aspetto, emerge un dato sconfortante: per il TPL di superficie, in media, 1 corsa su 2 non rispetta le frequenze previste. 

Insomma, prendere mezzi pubblici a Roma è un’avventura: non sai quando parti, non sai quando arrivi, non sai neanche se arrivi. Nel grand tour delle meraviglie offerte dal trasporto pubblico capitolino, dove si mescolano attese, sconforto, preghiere, scongiuri, lagne, maledizioni, invettive e speranze mal riposte, ecco Metro C con la sua storia senza fine. Il bilancio non è dei migliori, bisogna ammetterlo: quello che già c’è, dovrebbe funzionare meglio; quello che non c’è, avrebbe già dovuto esserci.  Che poi basterebbe un piccolo sforzo: nessuno si aspetta la maniacale puntualità dei treni giapponesi, né la spavalda efficienza del trasporto pubblico di Londra. Ma un servizio quantomeno decente, quello sì, Roma se lo meriterebbe. Lo si deve a questa meravigliosa città, quantomeno.