Marruecos, Maroc.Un viaggio tra i resti della dominazione europea in Marocco

Un viaggio attraverso il Marocco, dal Nord al Sud, mi ha dato l’opportunità di apprezzare alcune differenze culturali tra le diverse regioni del paese, spesso legate alle influenze (e dominazioni) europee durante il XX secolo.

Il Parchís è la variante spagnola del Pachisi, un gioco da tavolo in cui due o quattro persone muovono, dopo aver tirato uno o due dadi, quattro pedine lungo un percorso a forma di croce, con l’obiettivo di completare il giro nel minor tempo possibile.

A Tétouan, una delle più grandi città del Marocco settentrionale, giocare a Parchís è di gran lunga l’attività sociale più popolare per gli abitanti del luogo, soprattutto se maschi. Nella piazza principale della città, si vedono persone radunate nei bar o in dei piccoli club, o anche sul marciapiede, sedute a un tavolo con la famosa croce disegnata sopra.  Giocano, con o senza scommesse. Sebbene queste scene possano sembrare pittoresche, come lo sono sembrate a me quando ho visitato Tétouan nel maggio 2022, in realtà palesano l’influenza spagnola su questa parte del paese, soggiogata attraverso un protettorato per quasi mezzo secolo. 

Il Parchís è diventato molto popolare nel XX secolo in Spagna. In seguito alla concessione  di licenze gratuite nel paese, gli spagnoli hanno iniziato a giocarci ovunque potevano e si è quindi diffuso anche nel Marocco settentrionale.

Lasciando i bar e la piazza principale e addentrandomi nelle strade più strette, si entra in un mercato gigantesco che, nei giorni di festa, si estende per l’intera città, composto da bancarelle di cibo e mercanti di tappeti. Dopo alcune ore trascorse al mercato, tra l’agitazione e le intense trattative, mi rigenero ad un ristorante-riad con una vista incredibile sulla città e dal menù, sezione cibo locale… aspetta, cosa? Paella de marisco?

Proprio così. Il Parchís è solo un esempio dell’influenza spagnola in questa regione: se entri in un bar sportivo, probabilmente si tratta di un club di tifosi del Barcellona o del Real Madrid; se, d’altra parte, entri in un Riad, troverai Pastillas (un tortino agrodolce ripieno di carne di piccione, originario di Granada), ma anche alcune opzioni di paella nel menù.

Vista della Medina di Tétouan dalla terrazza di un riad

Non è così sorprendente trovare tracce della cultura europea nei paesi africani, ma il Marocco è un esempio interessante. Durante il XX secolo, il paese era diviso tra due diverse sfere di influenza, quella spagnola nel nord e sulla costa atlantica del sud, e quella francese nella parte centrale. Tuttavia, se il protettorato spagnolo, istituito dopo una guerra sanguinosa contro le truppe dei Rif guidate da Abd el-Krim, rappresenta solo l’ultima fase di un conflitto tra i popoli a nord e quelli a sud dello Stretto di Gibilterra che durava da (almeno) due millenni, il protettorato francese assume contorni e dinamiche più colonialiste.

La dominazione francese è iniziata all’inizio del XX secolo, quando il potere del sultano era estremamente debole, in seguito a uno scontro con l’Impero Tedesco, che stava prendendo di mira il Marocco come possibile nuova colonia. Il principale cambiamento socio-economico portato dall’istituzione del protettorato francese sullo stato marocchino consisteva nello spostamento dei principali centri di potere economico e politico dalle città più antiche e storicamente influenti del paese verso la costa. Infatti, nei primi anni dopo l’istituzione del protettorato, il porto di Casablanca è stato notevolmente potenziato e, contemporaneamente, nel 1912, la capitale è stata spostata da Fez a Rabat dopo che nella prima si erano verificati diversi movimenti indipendentisti.

Passeggiando per le strette strade della Medina di Fez, è facile capire perché i colonizzatori francesi non si sentissero affatto tranquilli ad averla come capitale: è un labirinto a cielo aperto, circondato da edifici molto alti e quindi molto ombreggiato durante il giorno e buio di notte. Ciò che un secolo fa poteva essere una trappola per gli europei, oggi lo è un po’ meno per i turisti grazie a Google Maps, che consente di orientarsi abbastanza facilmente e di vedere i luoghi più caratteristici della città: ovviamente, la conceria Chouara, ma anche Bab Bojloud, la Porta Blu, così come i mercati sparsi per le interminabili strade della Medina. Tutto il mio soggiorno a Fez è stato caratterizzato dai commercianti di queste piccole strade, che attiravano la mia attenzione con i loro slogan di marketing, mentre la lingua comune era per lo più il francese.

I cunicoli della Medina di Fez

L’altro principale retaggio del protettorato francese è infatti l’ampio uso, ancora oggi, della lingua francese in tutta la parte centrale del paese. Nonostante il tentativo del regno, dopo la fine del protettorato, di realizzare una completa arabizzazione del Marocco, una parte abbastanza grande della popolazione è ancora francofona (33%). Questa accede più facilmente a settori chiave come la cultura, la tecnologia e il business (nel 2005, il commercio con la Francia costituiva oltre il 75% del commercio internazionale del Marocco) e probabilmente quella che ha maggiore accesso alle infrastrutture digitali (nel 2014, il 75% degli utenti di Facebook in Marocco pubblicava in francese).

La diffusione dell’uso del francese varia da regione a regione ed è più ampia nelle principali città sulla costa. Tuttavia, durante il mio viaggio, sono rimasto sorpreso nel sentire parlare abbastanza francese e nel vedere segnali stradali in francese, nel mezzo dell’Alto Atlante, in un piccolo villaggio chiamato Imlil.

Segnale stradale in francese (e arabo), nelle montagne dell’Alto Atlante, che chiede di non lasciare liberi gli asini, ma di legarli ad un albero

Qui, infatti, l’uso meno diffuso dell’arabo (la lingua locale principale è il berbero, parlata da oltre il 70% della popolazione) rende il francese un’alternativa appetibile per gli abitanti del posto, quando devono comunicare con i forestieri. Oltre alla lingua, Imlil mi ha sorpreso per i suoi contrasti: le pendici deserte delle montagne circostanti si distinguono rispetto alle fertili pianure della valle, alimentate dalle acque che scendono direttamente dal Toubkal, la vetta più alta dell’Alto Atlante. 

Valle di Imlil

L’Alto Atlante, infatti, ospita le sorgenti dei principali fiumi marocchini. Dopo aver percorso i primi chilometri verso est, il fiume più grande, il Draa, gira a sud e infine si dirige verso l’Atlantico, che raggiunge dopo 1100 km. Se immaginiamo di fermarci in uno dei numerosi villaggi sulla riva sinistra del fiume, potremmo scoprire che il modo più semplice per comunicare con i locali è la lingua spagnola e che, probabilmente, sarebbe possibile mangiare Pastilla in qualche ristorante. A quel punto, se, come me, hai iniziato il tuo viaggio da Tétouan e dalla meravigliosa costa del Rif, sembrerà che tu non abbia semplicemente attraversato il paese da nord a sud, ma che gli abbia girato intorno, come in un gigantesca partita a parchís.

Articolo già pubblicato da Europe&me