Dal trimestrale Numero 1 – Feste
Il Luna Park di Montesilvano, provincia sul mar Adriatico, è una realtà connessa al territorio e all’immaginario locale da 25 anni. Per i Valerio e i Giancola, le due famiglie che lo gestiscono da tre generazioni, le giostre sono un luogo in cui sentirsi a casa, liberi da ogni vincolo.
Dopo aver osservato per qualche secondo un gruppo di bambini salire sulle altalene elettriche, Domiziana si gira verso di noi e, con naturalezza, inizia il suo racconto: «Crescere tra le giostre del Luna Park è stato del tutto naturale, non so come spiegarlo. Per me è la “normalità”. I colori, i suoni, le luci… ho vissuto fin da piccola in questa realtà, ormai riesco a pensarla e immaginarla solo come casa. Non saprei dirti com’è stato nascerci, né tanto meno quanto un’altra vita sarebbe stata migliore, o peggiore. Questo perché non ho un termine di paragone. L’unica cosa che mi sento di affermare con certezza è che ho sempre amato questa vita di divertimento e soprattutto di libertà».
Domiziana è una ragazza di 24 anni originaria di Montesilvano, un piccolo comune in provincia di Pescara, città che vive prevalentemente di turismo estivo grazie alla vicinanza al mar Adriatico. Montesilvano offre da ben 25 anni anche una delle attrazioni più richieste dalle famiglie del litorale abruzzese durante la stagione estiva: un adrenalinico e costantemente affollato Luna Park, dotato di oltre cinquanta giostre luminose, una gigantesca ruota panoramica e anche una riproduzione della Tour Eiffel ricoperta di led a intermittenza.
Domiziana non ha mai vissuto al di fuori o lontana dalle giostre, la sua famiglia gestisce il Luna Park di Montesilvano fin dalla sua apertura. Suo nonno, Luigi Valerio, è giostraio di professione e, a differenza del resto della famiglia, si è specializzato nella produzione di giostre fondando la FAG (Fabbrica Artigianale Giostre). Quello delle giostre, però, è un mondo che, per quanto accogliente, pare inaccessibile a chi non appartiene al nucleo familiare. «A occuparsi del Luna Park sono principalmente le nostre due famiglie, i Valerio e i Giancola. Siamo numerosi e tramandiamo questo lavoro di generazione in generazione. Non lascerebbero mai entrare a lavorare da noi una persona esterna perché interromperebbe la “tradizione”, tranne quando si tratta di dare un aiuto con la manodopera, ad esempio per il montaggio e lo smontaggio delle giostre a inizio e fine stagione. Per il resto, è un lavoro che rimane in famiglia».
A quanto ci dice Domiziana, il Luna Park di Montesilvano è il più grande dell’Adriatico. Effettivamente, per attraversarlo tutto impieghiamo una buona mezz’ora, soprattutto perché non possiamo evitare di soffermarci davanti a ciascuna attrazione. Sembra di essere in un luogo sospeso nel tempo: le giostre sono navicelle spaziali, fantasmagoriche e luminose, mentre la musica rimbomba ovunque. Alcune attrazioni sono per bambini, altre per ragazzi: dai classici autoscontri, immancabili nelle estati di ogni adolescente, al tagadà, la piattaforma che si inclina e sobbalza a ritmo di musica. Ci muoviamo tra bambini che si rincorrono urlanti, bancarelle che vendono zucchero filato, popcorn, dolciumi e piccoli stand che propongono giochi di abilità con premi scintillanti. Dietro questo reame incantato, però, si trova un labirinto di bracci meccanici, un groviglio di cavi, bulloni, circuiti, senza i quali lo spettacolo non andrebbe in scena. È proprio lì, in mezzo ai fili elettrici e alle viti così perfettamente incastrati, che prendono vita le storie dei giostrai.
Sascia, ad esempio, è lo zio di Domiziana e uno dei principali gestori del Luna Park: «Coltivo il legame con le giostre da quando sono nato. Sono l’ottavo figlio e, come i miei fratelli, sono cresciuto in un mondo fatto di giostre e viaggi, dove il nostro mestiere era portare divertimento ovunque andassimo. A differenza dei miei fratelli, però, sono nato in un’epoca in cui il settore iniziava a modernizzarsi. Ho avuto l’opportunità di studiare, di guardare il mondo delle giostre da una prospettiva diversa e di trasformare questa attività in una vera e propria impresa, al pari di qualsiasi altro lavoro». Sascia ha una mentalità imprenditoriale, parla del Luna Park come una vera “azienda” a cui dedica totale impegno e dedizione. Inoltre, gestisce un ristorante e a breve aprirà un B&B. «Dato che l’attività delle giostre si concentra nei mesi più caldi, ho cercato di diversificare il mio impegno per mantenere una stabilità economica tutto l’anno – dice -. Non cambierei mai il mio lavoro, ma sono comunque pronto a prendere un’altra strada qualora questo non dovesse più funzionare. Mi rendo conto che con queste idee potrei sembrare “strano” agli occhi di chi, in famiglia, è rimasto ancorato alla tradizione. Ma io amo la mia stranezza e, se posso permettermi un po’ di presunzione, credo di essere andato oltre. Sono orgoglioso di ciò che sono diventato e questo successo lo devo solo a me stesso».
Tra nomadismo e sedentarietà
Domiziana ci accoglie nel suo stand “Dolce e salato” con un largo sorriso che le illumina il volto e, dopo averci offerto una crêpe alla nutella, ci racconta meglio la sua storia: «Mio nonno viveva nelle roulotte, come tutti i membri della sua famiglia. Poi però, dopo anni, ha deciso di acquistare una casa “normale”, di mattoni per intenderci. Anche mia mamma e i suoi fratelli sono nati in caravan e solo in un secondo momento hanno optato per una vita sedentaria. Ma le due vite si intrecciano inevitabilmente: mio zio Sascia possiede una casa stabile ma ha anche un caravan che usa quando organizza le feste».
Non è raro che la figura del giostraio venga associata a quella del “nomade”, ma è una denominazione superata, ci conferma Domiziana: «La gente ti discrimina e ti guarda strano se dici di vivere in una roulotte, senza capire che per noi sono esattamente come case normali…solo in movimento. È un preconcetto sbagliato. La maggior parte di noi ha fissa dimora e chi continua a vivere in caravan lo fa per una scelta personale». La roulotte, ci racconta, è a tutti gli effetti una seconda casa, utile per gli spostamenti e per dislocare le giostre in posti diversi, in base a dove si svolgono le feste. «È come un classico appartamento, ma organizzato in modo diverso. Siamo persone comuni che vanno in trasferta per lavorare, anche se certo, si tratta di un’occupazione un po’ diversa dalle altre…Io ho studiato Economia quindi avrei potuto fare anche altro, eppure ho scelto di lavorare al Luna Park e ne sono felice».
Dedicare una vita intera alle giostre può sembrare un sogno ad occhi aperti: nessuna imposizione che arriva dall’alto, niente orari prestabiliti o turni da rispettare. Questo spirito libertario, però, deve fare i conti con le normative e i controlli che, negli anni, sono andati aumentando. Il settore dei parchi divertimento è infatti soggetto a una rigorosa regolamentazione volta
a garantire il corretto funzionamento delle strutture e la sicurezza dei visitatori e del personale. Per questo motivo, prima di poter operare, i parchi devono richiedere alle autorità competenti autorizzazioni e permessi che attestino la conformità delle attrazioni alle normative di sicurezza e alle regolamentazioni urbanistiche. Ogni anno le famiglie Valerio e Giancola rinnovano la richiesta al Comune di Montesilvano o ad altre città in cui lavorano. Nonostante i 25 anni di attività, c’è sempre il rischio che il comune rifiuti la domanda, o che arrivi un controllo che, trovando qualcosa non a norma, potrebbe far chiudere all’improvviso l’intero parco o alcune attrazioni. Una vita di libertà, certo, ma anche di grande precarietà a cui non tutti riuscirebbero ad abituarsi.
All’insicurezza lavorativa si contrappone, però, la volontà di chi davvero crede in questa professione: dalle parole del nonno di Domiziana, Luigi, le “giostre” sono un luogo incantato e pieno di gioia. «Ricordo che, nel secondo dopoguerra, i Luna Park erano universi a sé stanti, fatti di piccole o grandi finzioni che aiutavano a ritrovare il senso della collettività e della spensieratezza. Il primo parco divertimenti, allestito alla fiera campionaria di Boston del 1902, aveva un’attrazione chiamata “A trip to the moon”, un viaggio verso la luna, ispirata al libro di Jules Verne. I creatori dell’ attrazione, Frederic Thompson ed Elmer Dundy, avevano chiamato questa navicella “Luna”, ispirandosi al nome della sorella di Dundy che si chiamava appunto così. L’anno successivo, i due ricostruirono l’attrazione a Coney Island, un quartiere della circoscrizione di Brooklyn a New York, dando vita ad un intero parco a tema, il primo della storia. Mi rendo conto che la tecnologia ha fatto passi in avanti e che oggi i Luna Park non sono altro che attrazioni robotiche e altalene elettriche. Eppure, anche se con il tempo qualcosa è cambiato, la magia delle giostre è rimasta la stessa: un viaggio tra il sogno e la realtà».
Tra le luci della ruota panoramica, mentre ci avviamo verso l’uscita, intravediamo il sorriso di Luigi: «La giostra è inimitabile, è l’unica a non avere concorrenti, sa di libertà e la libertà non passerà mai di moda».