L’ex Cinema Palazzo, che si affaccia su Piazza dei Sanniti, a San Lorenzo, Roma, fa ancora parte della memoria e della storia del quartiere. Tra i ricordi di uno sgombero violento, anni di abbandono e di silenzio istituzionale, oggi forse si accende una speranza nuova per il futuro dell’edificio, una speranza per i residenti di recuperare radici da tempo estirpate.
‹‹Li hanno Estirpati, li hanno sradicati, li hanno uccisi “L’Albero del Fico e l’Albero del Tiglio”, cresciuti davanti allo spazio occupato del ex CINEMA PALAZZO a Palazzo Sanniti San Lorenzo.››
Le due righe che attirano la mia attenzione sono l’incipit di una poesia più lunga, riportata su di un piccolo foglio attaccato ad un frigorifero, tenuto fermo da due magneti a forma di tazzina. Il caffè della libreria Tomo, in Via degli Etruschi, nel quartiere San Lorenzo, è un luogo accogliente dai colori caldi e dagli scaffali straripanti di libri, calendari e giochi per bambini. Per una serie di eventi fortuiti, mi sono trasferita da poco vicino “San Lollo” e quindi a Tomo. Questa piccola libreria indipendente, anche grazie anche alla genuina e vivace accoglienza di Paola, la libraia, ci ha messo poco a diventare uno dei miei posti preferiti. Fino a poco tempo fa, lo confesso con una punta di imbarazzo, San Lorenzo per me era soprattutto sinonimo di bar universitari a buon mercato e nomea di quartiere “turbolento”. Oggi, però, viverci è diventato un’occasione per comprenderne l’identità, o almeno tentare di farlo. La conformazione stessa del quartiere, un reticolo di stradine che disegnano piccoli quadrati, gli conferisce l’anima di un minuscolo paese: facile da esplorare, vissuto con spirito di comunità.
San Lorenzo, storico presidio antifascista, era una zona industriale popolata da operai e artigiani (lo si evince dalle numerose ex aree industriali circostanti, l’ex Pastificio, le ex Fonderie Bastianelli, l’ex Dogana, riqualificate e trasformate nel corso degli anni in luoghi dove si sono concentrati gruppi di artisti, designer e architetti). Ad essere rimasta intatta è, invece, la memoria storica dei suoi abitanti. Ogni anno ci si riunisce nel Parco dei Caduti per non dimenticare il bombardamento del 19 luglio 1943 da parte degli Alleati, ancora vivo sugli edifici e nei ricordi del quartiere. Oltre a questo, però, ad essere ancora molto vivida nella mente dei sanlorenzani è la storia del Cinema Palazzo, lo stesso che viene nominato nella poesia nella libreria di Paola. “La poetessa si chiama Franca. Franca Raponi” – mi dice. “La conosciamo tutti, qui nel quartiere. Ha partecipato attivamente all’occupazione del 2011 di cinema Palazzo, lo storico edificio che si affaccia su Piazza dei Sanniti. Questo fino allo sgombero del novembre 2020, voluto dal Ministro Piantedosi. Prova a contattarla: avrà molto da raccontarti sulla storia del Cinema Palazzo.”
Il Fico e il Tiglio
Io e Franca ci incontriamo dopo qualche settimana, al Sally Brown, un piccolo locale che suona musica ska, punk e reggae, a metà tra un Irish Pub e un vecchio bar di quartiere, esattamente di fronte alla libreria Tomo. È stata lei a darmi appuntamento lì e capisco subito che ne è una assidua frequentatrice, chiunque entra la riconosce e la saluta. Franca ha 77 anni, i capelli cortissimi, occhi piccoli un po’ incavati e circondati da una montatura a goccia nera. L’unico tocco di colore nel suo abbigliamento grigio è una piccola spilla argentata a cui sono appesi quelli che mi sembrano due fiorellini rossi. La storia della sua famiglia inizia a Piazza Bologna, dove il padre, partigiano durante la guerra, aveva fondato la sezione del Partito Comunista (lei, mi racconta ridendo, è nata proprio nella cantina della sezione del partito, cresciuta tra le storie del padre che, insieme ai compagni, trafugava le enormi scorte di cibo dei fascisti per distribuirle alla popolazione più povera).
All’epoca della sua infanzia, il cinema Palazzo, costruito nel 1931, era un luogo di ritrovo per la classe operaia: “Bisognava darse na mano” mi dice Franca. “I servizi scarseggiavano ed era necessario adottare buone abitudini di socialità e solidarietà, il cinema era una scusa per vedersi, stare insieme e stringere legami di quartiere”. Negli anni successivi, con l’espansione di Roma, il cinema ha attraversato momenti di chiusura e riapertura senza una direzione chiara, trasformandosi in una sala da biliardo per un certo periodo. “Chi aveva iniziato a frequentarlo non era certo in buona fede: malavita, ‘ndrangheta, gente legata al business del gioco d’azzardo e al riciclaggio. Sapevamo fin troppo bene come funzionavano le cose. Nel 2011 io e miei compagni venimmo a sapere che il cinema era stato dato in gestione ad una società sconosciuta, che voleva farne una sala giochi. Ma noi non volevamo lasciarlo nelle mani della mafia. Così abbiamo preso di petto la situazione e l’abbiamo occupato.”
Nell’aprile del 2011, mentre Franca e altri suoi compagni entravano nel cinema Palazzo per iniziare un’occupazione che sarebbe durata nove anni, moriva a Gaza l’attivista Vittorio Arrigoni, ucciso da un gruppo terrorista israeliano. “La morte di Arrigoni fu per noi un ulteriore monito a combattere, a resistere per riavere il nostro spazio. Se all’inizio tutto era cominciato come “gesto simbolico”, presto ci rendemmo conto che avevamo tra le mani un luogo incredibile. Nel cinema c’era una platea stupenda dove avremmo potuto organizzare tante attività. Come prima cosa dedicammo ad Arrigoni la sala del cinema. Io, nel frattempo, decisi di trasferirmi ufficialmente a San Lorenzo, per potermi dedicare ancora di più a questa nuova realtà che chiamammo “Nuovo Cinema Palazzo”.” Franca ricorda gli anni dell’autogestione con nostalgia, me li descrive come animati da uno spirito che era sempre stato radicato nel quartiere, ma rimasto assopito per molto tempo. Con tutte le difficoltà legate all’organizzazione, le attività del nuovo cinema prendevano forma: proiezioni serali, laboratori teatrali, concerti, incontri di storia sulla memoria, pomeriggi dedicati ai bambini. Il cinema attirava sempre più persone, studenti, artisti e residenti anche dai quartieri limitrofi, che cominciarono a collaborare per la causa.
Quando le chiedo dello sgombero, invece, si incupisce, il suo sguardo e la mente tornano indietro nel tempo: “Di mestiere ho fatto la fioraia, mio papà era un giardiniere. Quando occupammo il cinema, ci accorgemmo di un fico selvatico cresciuto per conto suo. Decidemmo quindi con gli altri di creare uno spazio verde dove i bambini potessero giocare e cominciammo a seminare alberi. Tra questi, un bellissimo tiglio che avevo piantato proprio in mezzo alla strada crebbe di un paio di metri e divenne, insieme al fico, simbolo della rinascita del cinema. Morirono entrambi con lo sgombero del 2020. Non ce lo aspettavamo, anche se eravamo sempre in allerta in quel periodo. Da qualche anno avevamo cominciato a trattare con la giunta, avanzando alcune richieste. Invece di offrire risposte, decisero di cacciarci in una singola notte. E così ci hanno sradicato. Noi e gli alberi”.
Una nuova vita per il Cinema Palazzo?
Oggi, sostare davanti all’ex Cinema Palazzo conoscendone la storia, suscita un senso di amarezza. Da quel fatidico novembre 2020 l’ingresso è sbarrato da saracinesche e, da quello che mi racconta Franca, anche provando a entrare dal retro si va incontro a calcinacci e rottami. Solo una scritta, “Palazzo”, spicca ancora sulle rosse mura dell’edificio, unico segno di uno sgombero che non voleva lasciare tracce dietro di sé. Eppure, dopo questi quattro anni di silenzio istituzionale, interrotto solo da manifestazioni e proteste degli abitanti che rivendicavano il Cinema e il suo valore per San Lorenzo, ora sembra riaccendersi una piccola luce di speranza.
Ci sono tante piccole realtà che, dal basso, si muovono in una direzione positiva di riqualificazione e attivismo nel quartiere. Una di queste, che ho modo di conoscere da vicino, è GSL, Giovani San Lorenzo, un’associazione nata due anni fa, formata da una trentina di ragazzi nati e cresciuti a San Lollo. A raccontarmi delle loro attività è Marco Cataldi, uno dei soci fondatori. Marco ha 25 anni, ha lavorato nel cinema come assistente di produzione, filmmaker e montaggio per qualche anno ma poi ha deciso di assecondare un’esigenza che ha coinvolto anche gli altri ragazzi: “Il nostro intento è quello di cambiare il nome che si è fatto San Lorenzo negli anni, a proposito di mala movida e somministrazione di bevande a basso costo. Nasciamo proprio per cambiare questa visione e riqualificare gli spazi, con lo scopo di dare un servizio alla comunità del quartiere. L’esigenza era anche avere un’alternativa lavorativa, per noi giovani è difficile emergere nelle condizioni di lavoro imposte al giorno d’oggi, per questo con l’associazione proviamo ad essere artefici del nostro destino”.
I ragazzi di GSL hanno preso in gestione il Parco delle Stelle, luogo abbandonato alla fine di Via dei Reti, che ora in estate grazie a loro ospita concerti dal vivo, svariate attività artistiche e cinematografiche e piccoli festival come quello delle “Culture”. “Il nostro obiettivo era sfruttare il Parco anche durante l’inverno, ma su questo stiamo ancora lavorando molto con l’amministrazione. Intanto, portiamo avanti attività con ragazzi disabili organizzando laboratori di pittura, scultura, fotografia”. La ripresa degli spazi, come mi racconta Marco, ha coinvolto anche Cinema Palazzo, che, mi dice, è stato rilevato da Luca Carinci, proprietario e fondatore dell’Alcazar di Trastevere. Il progetto è di farne un nuovo locale dove accogliere esibizioni musicali dal vivo e altre attività artistiche. “Sono contento perché, a prescindere da tutto, è uno spazio che viene recuperato, che torna ad essere un servizio per il quartiere e non più un luogo abbandonato. Sicuramente molti sanlorenzani avranno da ridire, ma per me non è importante tanto la modalità quanto il risultato. L’importante è che si attivi un circuito che sia diverso da quello attuale. Il cambiamento, anche se a volte non è quello che molti si aspettano, non è detto che sia negativo. Noi abbiamo tutti tra i 20 e i 30 anni, a noi ciò che interessa è il domani. È giusto rispettare sempre il passato ma è bene farlo in modo proattivo, senza rimanere per forza legati ad un determinato modo di fare le cose ma, piuttosto, cercando nuove soluzioni”.
Le radici partono dal basso
Riqualificazione o no, è innegabile che il quartiere sia cambiato. E mentre i più giovani, come Marco, provano a guardare al futuro con ottimismo e lucidità, per chi vive a San Lorenzo da generazioni è più difficile accettarne le trasformazioni: la sua posizione limitrofa alle mura, strategica perché vicina a due stazioni e all’Università, lo ha reso nel corso degli ultimi anni un hotspot dove concentrare nuove edificazioni. Mentre il centro si va saturando di B&B, le zone circostanti sono quelle dove si spostano automaticamente gli interessi economici che vedono nel turismo una redditizia fonte di guadagno. Me lo racconta in modo illuminante G.C., sanlorenzana di adozione ma siciliana di origine. G. è una professoressa di italiano e storia in pensione, che vive a San Lorenzo da anni e ha partecipato alla lotta contro lo smantellamento delle ex Fonderie Bastianelli (un edificio storico, di importanza archeologica industriale, ormai ridotto ad un condominio mai completato per ritardi amministrativi), nonché alla resistenza del Nuovo Cinema Palazzo.
Quando la chiamo, numerosi sono gli aneddoti che riaffiorano nella sua memoria: “Saskia Sassen, Margherita Hack, Sabina Guzzanti… Potrei farti molti nomi di rilievo che frequentavano il Cinema. Ma la cosa più bella era un’altra: la partecipazione dal basso. Una volta un gruppo di attori del carcere Rebibbia venne a girare alcune scene, ma, purtroppo, uno di loro ebbe un infarto proprio durante le riprese. A sostituirlo lì su due piedi fu un ragazzo giovane che aveva pochissima esperienza teatrale. Fu grazie a quel film che il ragazzo venne notato da Matteo Garrone, che lo selezionò per il suo Dogman. Quello che voglio dirti è che questo spazio ha dimostrato come sia possibile fare cultura dal basso, una cultura vera, dove un tessuto urbano variegato, coltivato bene, può creare spazi idonei affinché possano prendere vita occasioni incredibili”. Dare vita ad un humus differenziato, uno spazio informale dove mettere radici, questo è quello che hanno fatto gli abitanti di San Lorenzo con il loro cinema. Lo si capisce dai racconti di Franca e dalle parole di G., due donne che hanno resistito e che ora assistono inermi alle sempre più rapide trasformazioni del luogo: “Oggi nel quartiere c’è una forte presenza di giovani ma al tempo stesso c’è chi si sballa, chi spaccia… E la soluzione che viene trovata è di tipo securitario, poliziesco. Ho assistito in questi anni ad un aumento di ronde notturne, ci sono i carabinieri che identificano qualunque ragazzo sospetto. Ma le persone sono sempre le stesse, la gente attraversa e vive gli spazi, coltiva interessi e vuole trovare un modo per esprimerli. La risposta non deve essere estirpare le radici ma coltivarle.”
G. esprime una preoccupazione reale, che fa riflettere sul futuro di San Lorenzo e del Cinema Palazzo. Lo sgombero del 2020 non è stato altro che un ulteriore colpo al protagonismo dal basso, un colpo dato per costringere le persone a rispettare il ruolo di consumatori e non di cittadini attivi, in un mondo in cui tutto deve essere mirato esclusivamente al guadagno. Ma adesso che si assiste ad una forma di ripresa, le opinioni del quartiere si dividono: sia G. che Franca, della vecchia scuola, guardano alla nuova gestione del Cinema con sospetto, forse anche con timore. La loro esperienza le fa storcere il naso di fronte all’ennesima mercificazione di uno spazio, in una città dove tutto si sta riqualificando per il turismo, i prezzi subiscono impennate e ad ottenere le gestioni sono sempre imprenditori di livello, mai i cittadini. D’altro canto, la speranza di giovani come Marco, che conoscono il quartiere e provano a costruire una rete nonostante le divergenze, è un segnale positivo che qualcuno sta ancora facendo sentire la propria voce. È vero che la vivibilità di un quartiere non la costruisci aprendo un locale. Ma da un punto di vista di socialità, se si creano spazio e occasioni, le idee trovano modo di mettere radici. E per radici si intende la possibilità di costruire un sogno, che diventa progetto, che diventa impegno, che diventa collaborazione.
A riaccendere lo spirito di San Lorenzo e a rinsaldare i legami forse non saranno più le radici del Fico e del Tiglio, gli alberi cantati da Franca nella sua poesia, ma ne dovranno crescere di nuove, più resistenti. Saranno radici che rafforzano le relazioni umane e il tessuto sociale a resistere contro l’avanzare di un mondo sempre più individualista e repressivo.