Alex Simonetti

Alex Simonetti

Meccanica alle superiori, triennale in Lettere moderne a Bologna: ama la contraddizione. Nel mezzo una parentesi Erasmus a Bucarest, senza la quale non avrebbe passato Lingua latina 1 e non si sarebbe innamorato dell’Est Europa. È lì che lo cercano familiari ed amici dopo un po’ che non si fa sentire. Studia a Roma e lavora momentaneamente a Senigallia. Ama il Voyage di Céline, il cappuccino, i viaggi zaino in spalla, il calcio, l’antropologia, gli spaghetti aglio e olio, Patagonia e Kalkbrenner.

Scosse sismiche in Moldavia. Secondo episodio

Ritrovo gli appunti del viaggio precedente tra i file del computer e sorrido. Vorrei rimetterci mano, inserirmi di più nella narrazione, adeguare lo stile alle parole che seguono, aggiornare giudizi ormai mutati, ma l’istantanea di una Moldavia disillusa corrisponde ancora alla realtà di un paese dimenticato. Ci torno per l’ennesima volta dopo otto mesi circa. Una guerra fratricida ha causato l’ennesimo terremoto politico che, almeno stavolta, hanno avvertito tutti. 

Scosse sismiche in Moldavia. Primo episodio

La Moldavia ha appena compiuto trent’anni ma dimostra la maturità di un neodiplomato. Anche qui, come in gran parte dei paesi dello spazio post-sovietico, si celebra il trentennale dell’indipendenza dalla Grande Madre. Il clima che trovo, in questa seconda visita avvenuta nel giro di tre anni, è simile a quello che incontrai la prima volta.

Borders. Viaggio al confine polacco-ucraino

Chi entra in Polonia, varcando la frontiera dopo chilometri di cammino, trova il centro di primo soccorso, allestito lungo un piccolo ritaglio di terra che fiancheggia la strada che conduce alla dogana. Sono i gazebo delle organizzazioni umanitarie, delle piccole Ong arrivate da ogni parte del mondo. Ci sono i francesi di “Sauveteurs sans frontières”, poi l’associazione statunitense dei “Sikh”, e poi gli inglesi, scozzesi, spagnoli, i volontari della comunità pakistana in Germania. Le loro bandiere sventolano orgogliose al fianco dei colori giallo e blu.

Bisognerà accontentarsi dell’approssimazione. Diario di uno studente dal confine della guerra

Da un torrente in piena ad un fiumiciattolo alimentato dall’acqua piovana. Se al confine rumeno-ucraino di Siret passavano circa 30.000 profughi al giorno durante l’inizio della guerra, ora non ne passano più di mille. Chi doveva scappare, sembra, l’ha già fatto. Le sirene antiaereo delle città tra Leopoli e Kiev suonano in continuazione, ma l’abitudine le ha fatte diventare un sottofondo musicale. Nelle altre zone, perfino il boato delle bombe è divenuto normalità.